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Eruzione Vesuvio e Campi Flegrei: aumento della sismicità, sollevamento del suolo, attività delle fumarole. Questi gli indicatori
La caldera dei Campi Flegrei vista dal satellite

Eruzione Vesuvio e Campi Flegrei: aumento della sismicità, sollevamento del suolo, attività delle fumarole. Questi gli indicatori

(CFN) NAPOLI – In assenza di sagre e manifestazioni estive significative questa estate uno degli argomenti maggiormente discussi sembra esser stato: eruzione si, eruzione no.
Stiamo parlando della possibile eruzione del Vesuvio o, più probabilmente, dell’eruzione della caldera Campi Flegrei dove “il sollevamento massimo registrato alla stazione GPS di Rione Terra è di circa 9,0 cm a partire da gennaio 2014, di cui circa 2,5 cm da marzo 2015” (bollettino del 25.8.2015).
Una eruzione, è certo, ci sarà. Lo dicono gli scienziati. Ma con la stessa certezza dichiarano anche che non ci sono, oggi, elementi tali da considerarla imminente. Parlando di vulcani è obbligatorio precisare che l’imminenza è relativa e che la si può intendere fra cinquanta, cento, duecento anni, o più, ma soprattutto è legata alla variazione di alcuni parametri che vengono quotidianamente rilevati.
All’interno del “dibattito” la questione relativa alle trivellazioni ha fatto nascere due “partiti”: quello dei favorevoli e quello dei contrari. Posizioni entrambe legittime, ma che potrebbero nascondere anche degli “appetiti”. Sono, però, una opportunità da non perdere se consideriamo che le trivellazioni offrono la possibilità di ottenere una grossa mole di preziose informazioni utili per una maggiore conoscenza dei fenomeni vulcanici.
Per una decina di anni, a cavallo fra i ’70 e gli ’80, l’Enel effettuò delle perforazioni a Bacoli, in località Scalandrone, per valutare l’opportunità di sfruttamento dell’energia proveniente dal sottosuolo. I dati raccolti furono anche utili ai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano per cominciare ad approntare una nuova tecnologia in grado di raccogliere informazioni più significative da elaborare per definire dei modelli utili soprattutto per prevedere, con un margine di tempo, possibilmente sempre più ampio, eventi sismici o eruttivi. Grazie a questi dati e alle tomografie fatte fra il ’94 ed il 2001 è stato possibile “misurare” la sacca di magma che giace sotto la caldera dei Campi Flegrei e valutarne la potenziale pericolosità.

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Giuseppe De Natale direttore dell’Osservatorio Vesuviano

Alla luce delle notizie riverberate in queste settimane dalla stampa locale, nazionale, ma anche internazionale, abbiamo interpellato il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, costola dell’INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Giuseppe De Natale al quale abbiamo posto una serie di domande.

Direttore, Vesuvio e Campi Flegrei hanno dei precedenti eruttivi (1944 e 1538), che cosa rappresentano questi due eventi in termini di “informazioni” o dati scientifici oggi? Anche il più recente evento bradisismico del 1983-85 ha permesso di registrare informazioni utili ai fini scientifici?
“Il Vesuvio ha innumerevoli precedenti eruttivi in epoca storica; i Campi Flegrei solo l’eruzione del Monte Nuovo del 1538. I dati delle eruzioni passate, principalmente quelli registrati dai passati direttori dell’Osservatorio Vesuviano, sono senz’altro preziosi. Dell’eruzione di Monte Nuovo abbiamo diverse cronache storiche, quindi un po’ di informazione c’è, specialmente le testimonianze dei grandi episodi di sollevamento del suolo che furono registrati prima dell’evento: il sollevamento produsse ad esempio l’emersione di nuove superfici di terra lungo la costa, di cui il Viceré dovette determinare la proprietà. Ovviamente, più le eruzioni sono vicine nel tempo, o addirittura avvenute in epoca tecnologica (diciamo dagli anni ’70 ad oggi), più le informazioni sono dettagliate e preziose. Per questo i fenomeni di bradisisma degli anni ’70 ed ’80 hanno lasciato comunque dati estremamente utili per l’interpretazione della caldera flegrea. I rilievi del passato di gran lunga più importanti, che sono poi quelli che hanno permesso di fatto anche di classificare i Campi Flegrei come caldera, furono quelli relativi alle perforazioni ENEL-AGIP, effettuate tra la metà degli anni ’70 e la metà degli anni ’80 (in pieno bradisisma) per scopi geotermici fino ad oltre 3 km di profondità. In ogni caso, per capire il comportamento dei vulcani in linea generale, possono essere utilizzate le informazioni provenienti dalle eruzioni di altri vulcani simili nel Mondo. In quest’ottica, le numerose eruzioni vulcaniche osservate nel Mondo dal 1980 ad oggi rappresentano una preziosissima fonte d’informazione, sebbene non specifica per i nostri vulcani.”.

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Rappresentazione della caldera dei Campi Flegrei

Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia che legami hanno dal punto di vista vulcanico fra loro?
“A livello di alimentazione profonda, hanno ovviamente un bacino comune. Tale sorgente è stata determinata, dagli studi di tomografia sismica effettuati tra il 1994 ed il 2001 al Vesuvio e Campi Flegrei, guidati dall’Università Federico II e dall’Osservatorio Vesuviano, come una ‘lente’ magmatica (1-2 km di spessore e diverse decine di km di raggio) localizzata tra 8 e 10 km di profondità.
Questa sorgente comune di alimentazione non implica però alcuna correlazione ovvia, spaziale o temporale, tra le eruzioni nelle tre aree napoletane. Nel senso che le eruzioni si manifestano in ciascuna delle tre aree, separatamente e senza alcuna ovvia correlazione temporale.”.

L’Osservatorio Vesuviano ha creato negli anni una rete capillare di controllo. In sintesi come è composta e quali dati acquisisce?
“L’Osservatorio Vesuviano ha sviluppato, a partire di fatto dagli anni ’70, una rete di monitoraggio dei nostri vulcani che oggi è sicuramente la più imponente e la più avanzata tecnologicamente al Mondo. Abbiamo circa 60 stazioni sismiche permanenti localizzate sui nostri vulcani, ed un’altra ventina mobili, che possono essere all’occorrenza spostate per studi specifici; abbiamo varie centinaia di chilometri di reti di caposaldi per livellazioni topografiche di precisione, integrate, a partire dagli anni 90, con circa 30 stazioni GPS in registrazione continua; abbiamo una rete di circa 20 tiltmetri, che registrano le inclinazioni del suolo; abbiamo diversi sistemi di monitoraggio geochimico automatico delle fumarole, telecamere termiche all’infrarosso che registrano in continuo, puntate sulle zone di emissione più importanti, ed effettuiamo periodicamente prelievi sulle principali fumarole per determinare le eventuali variazioni nella loro composizione. Dopodiché, negli ultimi due anni abbiamo incrementato significativamente le nostre reti di monitoraggio sismico, geodetico e geochimico ed abbiamo realizzato una rete, particolarmente innovativa, di stazioni di misura in pozzo, con strumenti installati tra 25 e 500 metri di profondità. Questa nuova rete ci ha permesso un vero salto di qualità nella sensibilità con cui possiamo registrare anche i più piccoli eventi sismici e le più piccole deformazioni del suolo. Inoltre, in questi giorni stiamo completando l’installazione di un nuovissimo sistema per effettuare, per la prima volta, il monitoraggio dei fondali marini della caldera flegrea; si tratta di un cavo in fibra ottica lungo circa 2.5 km, che parte dal porto di Pozzuoli per arrivare al centro del Golfo di Pozzuoli; per la prima volta, potremo registrare i fenomeni di bradisisma anche nella parte della caldera flegrea che è sotto il livello del mare. Inoltre, nel pozzo di Bagnoli CFDDP è stato installato uno strumento in fibra ottica estremamente innovativo, ideato da noi (come il sistema di monitoraggio marino), che rileva la temperatura e le sue eventuali variazioni, in maniera continua, su tutta la lunghezza del pozzo, ossia da 0 a 500 metri di profondità. Ciò significa che oggi siamo in grado di rilevare eventuali variazioni termiche in profondità, tipici indizi di attività vulcanica, con una precisione di pochi centesimi di grado centigrado.”.

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Giuseppe De Natale direttore dell’Osservatorio Vesuviano

Recentemente le stazioni a terra sono state integrate con un sistema satellitare GPS. Quali i vantaggi?
“Le stazioni GPS fanno parte della rete a terra, anche se utilizzano dati da satellite. Queste osservazioni vengono poi integrate con le immagini satellitari a frequenza Radar (Cosmo-SkyMed, Sentinel, ecc.) per produrre immagini dettagliate di deformazione del suolo nelle nostre aree vulcaniche.”.

I dati registrati sono, quindi, una enormità, ma come vengono elaborati ed interpretati? Premesso che una eruzione, prima o poi ci sarà, a quali parametri bisogna guardare per capire se siamo o meno in prossimità di un evento eruttivo o, quantomeno, sismico?
“Abbiamo diversi sistemi di analisi automatica, anche in tempo reale, ad esempio quello che effettua automaticamente la localizzazione dei piccoli terremoti che avvengono spesso nelle nostre aree. I nostri Tecnici e Ricercatori sono presenti in Sala Monitoraggio 24 h/24 con un sistema di turnazioni, ed analizzano in tempi brevissimi i segnali ‘anomali’ che arrivano in sala (ad esempio quando c’è un terremoto) per verificare e migliorare la precisione e l’affidabilità delle stime preliminari prodotte dai sistemi automatici. I parametri più importanti per comprendere se l’attività vulcanica stia evolvendo verso una possibile eruzione sono in generale, senza entrare in particolari tecnici difficilmente comprensibili. Un’eruzione sarebbe preceduta dall’aumento della sismicità, sollevamento del suolo e dalla variazione della composizione geochimica delle fumarole e delle acque superficiali. Questi sono i tre parametri più direttamente collegati alla risalita del magma verso la superficie.”.

La Solfatara ed il soffione di Agnano cosa rappresentano per voi ricercatori? Dal 2005 assistiamo ad un lento innalzamento, 30 centimetri circa, e da un anno e mezzo il livello di attenzione è stato elevato da verde a giallo e quindi di “attenzione”: questo deve preoccuparci?
“Le emissioni fumaroliche di Solfatara ed Agnano sono importanti da studiare perché rappresentano le principali aree di emissione dei Campi Flegrei. Quindi sono i siti privilegiati per studiare le eventuali variazioni nella composizione chimica, che può indicare variazioni nello stato di attività del vulcano. A causa dei grandi episodi di bradisisma degli scorsi decenni, ed al lieve innalzamento (al ritmo medio di 2-3 cm all’anno che registriamo dal 2005, l’area dei Campi Flegrei è stata dichiarata dalla Protezione Civile, a partire dal Dicembre 2012, a livello ‘giallo’ o di ‘attenzione’, che è il secondo nella scala dei quattro colori dei piani di emergenza. Vesuvio e Ischia sono entrambi al livello base: ‘verde’, ossia ‘quiescenza’. Il livello di attenzione significa soltanto che, dati i lievi segnali di attività anomala registrati, l’Osservatorio Vesuviano deve incrementare il monitoraggio dell’area (cosa che abbiamo fatto) ed aumentare la frequenza dei report sull’attività alla Protezione Civile, per avere un aggiornamento molto fitto su ogni eventuale ulteriore variazione dei segnali provenienti dal vulcano; nell’occasione, abbiamo portato la frequenza dei bollettini di attività dei Campi Flegrei da mensile, quale è tutt’ora quella del Vesuvio e di Ischia, a settimanale.”.

Simuliamo una eruzione nei Campi Flegrei: quali sono gli eventi precursori?
“Gli eventi precursori generali sono quelli già menzionati: aumento della sismicità, sollevamento del suolo, variazioni dei parametri chimici delle fumarole ad indicare afflusso di nuovo magma a bassa profondità.”.

Quali sono e quali valori devono essere raggiunti?
“Per quanto riguarda i valori, ovviamente non c’è una soglia predefinita, perché ogni variazione deve essere interpretata scientificamente, anche congiuntamente alle altre, per poter capire il suo significato in termini di possibile eruzione. Comunque, a grandi linee, dopo gli episodi degli anni ’70 ed ’80 si può immaginare una situazione simile a quanto accadde allora come ‘soglia’ oltre la quale l’eventualità di eruzione sia comunque molto alta. Bisogna tenere però presente che, anche in presenza di forti variazioni interpretabili come chiari ‘fenomeni precursori di eruzione’, esiste sempre, ed è sempre alta, la possibilità che l’eruzione non avvenga. Questo è ciò che avvenne ad esempio ai Campi Flegrei: Pozzuoli fu completamente evacuata alla fine del 1983 e la popolazione trasferita a Monteruscello, costruita in brevissimo tempo per l’occasione; poi l’eruzione non avvenne. Tecnicamente, questi si chiamano ‘falsi allarmi’; la probabilità di un falso allarme è sempre alta, ma ovviamente è infinitamente meglio un ‘falso allarme’ che un ‘mancato allarme’.”.

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Giuseppe De Natale direttore dell’Osservatorio Vesuviano

In caso di eruzione o evento sismico significativo come si deve comportare la popolazione?
“Deve, in ogni caso, seguire scrupolosamente ciò che gli sarà comunicato dalle autorità, locali e/o nazionali.”.

Si parla sempre di mancanza di Piani di Emergenza o di Evacuazione, in realtà ci sono ma non sono aggiornati. La Regione un anno e mezzo fa ha stanziato diversi milioni di euro per aggiornarli ma ad oggi i comuni hanno fatto poco o nulla. I Piani vengono fatti in coordinamento con l’Osservatorio Vesuviano?
“Non è vero che i piani di emergenza non ci siano, né che non siano aggiornati; e comunque non dipendono dall’INGV che fornisce solo consulenza scientifica vulcanologica, bensì dalla Protezione Civile. Io posso dire quello che so per certo: i Piani di emergenza Vesuvio ci sono dal 1995, e l’ultimo importante aggiornamento data dal 2013 (l’ultimo atto del Governo Letta); tra Ottobre 2014 e Aprile 2015 sono stati anche varati i Piani per l’area flegrea, che attendono, che io sappia, soltanto il completamento degli abbinamenti tra comuni flegrei e regioni italiane. E c’è poi un lavoro di aggiornamento continuo e costante, in cui noi di INGV siamo chiamati a fornire consulenza scientifica sui processi vulcanici. Questo a livello Nazionale e Regionale. Dopodiché, può darsi che alcuni o tutti i comuni non abbiano approntato i loro piani specifici; può darsi che la ‘logistica’ dei piani attuali sia migliore o peggiore; che i piani siano criticabili ‘in toto’; sono tutte cose che si possono e si debbono discutere, ma certamente in maniera razionale e propositiva. Anche perché in questa materia non esistono certezze, e soprattutto non c’è nulla di comparabile al Mondo da cui copiare, soprattutto nei paesi avanzati, perché il nostro problema è ‘unico’ nell’Occidente. Si dice ad esempio, giustamente, che i cittadini sono poco informati su queste questioni; ma si tralascia di considerare che l’informazione, per essere capillare, deve passare attraverso i grandi canali di informazione: le maggiori TV nazionali, le maggiori testate giornalistiche. Oggi, vista la gran quantità di notizie inesatte, incontrollate ed in larga parte allarmistiche che passano attraverso questi canali, mi sembra che i media siano più interessati a notizie di alto impatto emotivo piuttosto che a notizie utili e sensate. D’altra parte, rinnovo l’appello che ho già fatto sul nostro sito web: l’Osservatorio Vesuviano, l’unico Ente che monitora costantemente i nostri vulcani, è estremamente disponibile a fornire qualunque informazione di tipo tecnico/scientifico sullo stato dei vulcani in questione. Penso che qualunque giornalista che voglia verificare l’attendibilità delle proprie notizie debba necessariamente attingere alla fonte primaria, ossia noi. Poi, ovviamente trarrà le sue conclusioni, e potrà giudicare se le informazioni che forniamo siano più o meno complete, lacunose, ecc. Ma il passaggio della verifica della notizia, a mio parere, è imprescindibile, altrimenti è altissimo il rischio di fornire notizie inesatte e/o completamente errate che però, dati gli argomenti estremamente sensibili, causano inutili ansie e magari panico nella popolazione.”.

Insomma, sembra proprio che Vesuvio e Campi Flegrei siano i vulcani più controllati al mondo e la percezione è esattamente questa trovandosi nella Sala Monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano di Fuorigrotta dove sui monitor vengono visualizzati i dati in tempo reale di tutte le stazioni di rilevazione dislocate sul Vesuvio, nei Campi Flegrei (Pozzuoli e Baia, Pozzuoli), a Ischia, nel Matese e nelle Eolie a Stromboli.

Emergenza 1
Esercitazione di protezione civile a Pozzuoli

La pericolosità, piuttosto, sta nell’alta densità abitativa del territorio unitamente alla poca conoscenza da parte del cittadino comune dei Piani di Emergenza di cui si sente periodicamente parlare ma che i Comuni non provvedono a dare adeguata diffusione perché, forse, ancora inattuabili oppure per banale sottovalutazione del problema da parte degli amministratori locali.
A Pozzuoli, il 1 aprile scorso, venne fatta una esercitazione di protezione civile  ma a proporla fu l’Aereonautica Militare.(CFN – Gino Conte)