Bob Dylan, un omaggio alla carriera con il film “A Complete Unknown”

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Bob Dylan

(CFN) NAPOLI – È il 1961 quando un giovane chitarrista del Minnesota sbarca a New York per recarsi al capezzale di Woody Guthrie. Il padre spirituale del folk e delle canzoni di protesta è ricoverato in ospedale, amorevolmente accudito da un altro idolo della musica popolare americana, Pete Seeger. Basta una canzone strimpellata alla chitarra affinché i due affermati artisti si accorgano del talento dell’anonimo visitatore. Robert Allen Zimmerman, questo il suo nome, presto cambiato ufficialmente in Bob Dylan, entra nel giro dei locali del Greenwich Village. Si esibisce sul palco del Folk City e viene immediatamente adocchiato dai manager della CBS, la più potente casa discografica statunitense, che lo mettono sotto contratto. In un arco temporale di quattro anni, la rapida ascesa di Dylan, ma anche la crescente insofferenza per le pressioni dello star system e dell’industria discografica. Finché, al Festival del Folk di Newport del 1965, avviene la definitiva frattura. L’utilizzo di strumenti elettrici durante il concerto, crea un solco tra Dylan e i puristi della musica folk.

Tradimento e ribellione sono le due parole chiave per entrare nello spirito di A complete unknown, il biopic di James Mangold tratto dal libro Dylan goes electric! di Elijah Wald. L’abbandono delle sonorità acustiche per la svolta rock di Highway Revisited, uno degli album più influenti di sempre. I tradimenti sentimentali, con le storie intrecciate in contemporanea con Sylvie Russo, conosciuta a uno spettacolo, e Joan Baez, altra icona della musica d’autore statunitense. Lo specchio di un’anima inquieta, incasellabile, refrattaria ai codici sociali. L’unico songwriter della storia ad aver ricevuto un premio Nobel per la Letteratura. L’unico che non si è presentato a ritirarlo. Un genio scontroso e appartato, in grado di sostenere le lotte per i diritti civili ma di scappare davanti alle manifestazioni di affetto eccessive dei fan. Uno strumento politico e culturale nelle mani degli americani, per controbattere il travolgente successo dei Beatles sull’altra sponda dell’Oceano.

Senza ricorrere allo sperimentalismo di un personaggio frazionato in più attori, adottato qualche tempo fa da Todd Haynes in Io non sono qui, dove il ruolo di Dylan era affidato a sette attori diversi, nel film di Mangold basta Timothée Chalamet per rendere l’essenza di una personalità controversa, ai confini dello scorbutico e dell’arrogante. Un’interpretazione da Oscar, impreziosita dalla bravura nel cantare i pezzi iconici di Dylan, da Mr. Tambourine Man al brano che ispira il titolo del film. Un verso contenuto in Like a rolling stone. Tradotto in italiano suona come ‘un illustre sconosciuto’. In che modo rispondere all’enigma sulla reale identità di Bob Dylan? The answer my friend, is blowing in the wind.(CFN – Giuseppe Borrone)

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