Caldera dei Campi Flegrei, sempre più sott’osservazione
(CFN) NAPOLI – Grazie ad una collaborazione fra CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia un nuovo sitema di monitoraggio controllerà millimetricamente le deformazioni del suolo della caldera dei Campi Flegrei causate dal magma. L’intera area sarà costantemente sorvegliata da satelliti GPS che invieranno ad un centro elaborazioni dati in tempo reale i quali, grazie all’incrocio con i dati dei sensori terrestri, e ad una elaborazione in real-time, restituiranno il livello di sollevamento, o di deformazione, del suolo dell’intera caldera. Il costante confronto fra i dati rilevati in ogni singolo punto consentirà di apprezzare la differenza di deformazione in un determinato lasso di tempo e, quindi, così come avveniva con l’osservazione del Macellum di Pozzuoli, più comunemente conosciuto come Tempio di Serapide, valutare l’innalzamento o l’abbassamento del suolo e la relativa velocità. Poichè la deformazione è dovuta ad una spinta, positiva o negativa, del magma o dei gas presenti sotto la crosta terrestre, questo consentirà di valutare anche tempi ed entità di una possibile eruzione.
I dati raccolti ed elaborati dall’Osservatorio Vesuviano ci dicono che negli ultimi 10 anni, a Pozzuoli, il suolo si è sollevato di circa 30 centimetri. Questo innalzamento ha indotto nel 2012 la Commissione Grandi Rischi e il Dipartimento della Protezione Civile ad innalzare il livello di attenzione da verde (quiescenza) a giallo (attenzione) mettendo in stato di allerta l’intero sistema di gestione dell’emergenza locale.
“Riguardo l’origine del bradisisma flegreo, – dichiara Luca D’Auria, ricercatore dell’INGV-Osservatorio Vesuviano – la comunità scientifica concorda sul fatto che tra il 1985 ed il 2012 il sollevamento del suolo era legato all’immissione di fluidi idrotermali (acqua e gas) all’interno delle rocce della caldera e al progressivo riscaldamento di queste ultime. Sul più recente episodio di sollevamento, tra il 2012 ed il 2013, il fenomeno sarebbe, invece, da attribuire alla risalita di magma a bassa profondità (circa 3 km) che si inietta nelle rocce del sottosuolo formando uno strato sottile, noto come ‘sill’, un piccolo ‘lago sotterraneo’, con un raggio di 2-3 km. Il ‘sill’ era già presente nel sottosuolo e probabilmente è stato attivo durante le crisi bradisismiche degli scorsi decenni quando, quantità di magma, anche dieci volte superiori, – continua Luca D’Auria – sono arrivate in questa piccola camera magmatica superficiale. La previsione delle eruzioni vulcaniche nelle caldere presenta, a volte, difficoltà maggiore rispetto ad altri vulcani. – precisa Luca D’Auria dell’INGV – La risalita e l’intrusione del magma all’interno di ‘sill’ potrebbe, infatti, essere il normale ciclo di vita delle caldere.”.
Il raffreddamento, più o meno veloce, del “sill”, inoltre, è un elemento di valutazione circa la possibilità di eruzione. Un fenomeno, quello dei Campi Flegrei, quasi unico al mondo. Altre due caldere con caratteristice simili a quella dei Campi Flegrei sono quella di Yellowstone negli USAe quella di Rabaul in Papua Nuova Guinea.
“Grazie ai dati acquisiti dai satelliti COSMO-SkyMed dotati di sistemi radar, e dai ricevitori GPS della rete di sorveglianza geodetica INGV-OV, composta da ben 14 sensori sparsi nell’area dei Campi Flegrei – dichiara Susi Pepe, ricercatrice del CNR-IREA – è stato possibile studiare le deformazioni, anche millimetriche, della superficie terrestre e conoscere l’andamento del sollevamento del suolo all’interno della caldera. Questi nuovi sistemi di monitoraggio, integrati con le nuove metodologie di analisi, – sottolinea Susi Pepe del CNR – possono fornire uno strumento utile ad affrontare eventuali, future, crisi vulcaniche nei Campi Flegrei.”.
Il nuovo sistema di monitoraggio è stato spiegato sulla rivista Scientific Reports dove viene spiegato anche come questo può essere utile nel dover affrontare nuove crisi.
Negli scorsi millenni la caldera dei Campi Flegrei è stata scenario di eruzioni importanti come, quarantamila anni fa, quella dell’Ignimbrite Campana e quella, quindicimila anni fa, del Tufo Giallo Napoletano che hanno fatto crollare la parte superficiale del vulcano per centinaia di metri, formando l’attuale struttura della caldera.
“Dopo l’ultima eruzione del 1538, che ha prodotto il cratere di Monte Nuovo, – afferma Luca D’Auria dell’Osservatorio Vesuviano – il suolo dei Campi Flegrei, ha iniziato a sprofondare lentamente per secoli, interrompendo questo andamento intorno al 1950, quando l’area flegrea ha ripreso a sollevarsi. Questo fenomeno, noto come bradisisma, ha manifestato tutta la sua violenza tra il 1982 e il 1985, periodo in cui il suolo si è sollevato di quasi 2 metri, accompagnato da terremoti, provocando l’evacuazione di migliaia di abitanti della città di Pozzuoli. Nel 2005 il suolo ha ripreso a sollevarsi lentamente, e i terremoti, – conclude afferma Luca D’Auria – di bassa magnitudo, sono ricomparsi.”.
Nonostante l’evolversi dei sistemi di controllo, elaborazione e valutazione, però, rimane sempre il grande incognito relativo all’attuazione dei Piani di Emergenza che localmente non solo in alcuni comuni flegrei non sono stati adeguati nonostante i grossi stanziamenti regionali ma che non vengono nemmeno diffusi adeguatamente per infondere nella popolazione quella conoscenza e quella preparazione necessarie ad affrontare una eventuale emergenza in modo sereno, naturale, fisiologico che consentirebbe di tenere basso il livello di rischio generato più da una potenziale situazione caotica che da un evento eruttivo. Un tema, quello del rischio e della gestione dell’emergenza, più volte affrontato (leggi QUI) ma non dai Comuni che dovrebbero essere i primi a farlo.(CFN)