Cannes 2025: “Fuori”, il nuovo film di Martone nelle sale

"Fuori" di Mario Martone
(CFN) NAPOLI – Un’estate romana, quella del 1980, quando la scrittrice Goliarda Sapienza entra nel carcere di Rebibbia per aver rubato dei gioielli. Il prima, il durante e il dopo di questo avvenimento svolta nella vita della tormentata autrice è al centro di Fuori, unico film italiano in concorso al festival di Cannes. Coerente con la sua poetica, Martone racconta lo smarrimento e l’isolamento di un’intellettuale ai margini, a disagio nel conformarsi ai canoni della società. Lo era il matematico napoletano Renato Caccioppoli nell’opera d’esordio, lo sarà il poeta Leopardi ne Il giovane favoloso. E a modo loro sono incompresi dalla Storia anche i rivoluzionari di Noi credevamo, la protagonista de L’amore molesto o il prete anticamorra del rione Sanità di Nostalgia.
L’esperienza dietro le sbarre lascia però qualcosa di profondo nella Sapienza. La scoperta di un legame di amicizia, quasi di sorellanza, con due altre detenute: Roberta, eroinomane e dedita alla lotta armata (siamo ai colpi di coda degli anni di piombo, anzi l’unico riferimento temporale certo è il 2 agosto 1980, il giorno della strage di Bologna), e Barbara, ragazza di estrazione popolare che quando avrà scontato la pena aprirà una sciccosa profumeria in una borgata periferica della capitale. Ed è proprio nel retro di questa bottega che le tre ex detenute si ritroveranno, per consumare una cena come “ai vecchi tempi”, rafforzare la loro complicità. Perché qualcosa è cambiato per sempre nelle loro vite, le ha unite a prescindere dalle differenze sociali e di classe.
Muovendosi su tre piani temporali, il film di Martone alterna i toni cromatici, passando dalla luce calda e accecante del presente ai toni freddi della reclusione, a quelli soffusi del periodo borghese di Goliarda Sapienza e del furto dei monili. Più che un’opera biografica tradizionale, Fuori isola un periodo preciso della vita della scrittrice, attingendo al romanzo L’università di Rebibbia. A completare il quadro le didascalie iniziali e finali, che aggiungono dettagli sulla vicenda umana della protagonista. Una donna, in un film interamente al femminile, che troverà posto tra le più importanti scrittrici italiane del ‘900 solo dopo la morte, con la pubblicazione postuma del suo romanzo più famoso, L’arte della gioia.
E in un suggestivo interscambio testuale, è proprio Valeria Golino, che da quest’opera ha tratto una premiata serie televisiva, a interpretare il ruolo principale. Al suo fianco Matilda De Angelis ed Elodie, in un trio di personaggi ribelli che si stagliano nell’afosa estate di Roma, colta nei suoi molteplici aspetti urbani, dagli eleganti caffè del centro alle sterpaglie della periferia estrema, grazie ad un accurato lavoro di scenografia. Notevole la restituzione vintage della stazione Termini, crocevia simbolico di esistenze di passaggio e incroci del caso. Dai suoi corridoi sotterranei e dai binari morti partirà il treno di una rinascita e di un senso possibile da opporre al caos interiore.(CFN – Giuseppe Borrone)