“Napoli-New York”, il nuovo film di Gabriele Salvatores nelle sale napoletane
(CFN) NAPOLI – Nella Napoli disastrata del dopoguerra, il crollo di una palazzina complica ulteriormente la povera esistenza di Celestina e Carmine, due scugnizzi che vivono in strada di espedienti. Dopo aver provato a spillare qualche soldo al cuoco di una nave americana alla rada nel porto, i due ragazzetti si ritrovano casualmente a bordo dell’imbarcazione, non riuscendo a scendere prima che la stessa salpi in direzione di New York. Poco male, visto che Celestina sfrutta l’occasione per raggiungere la sorella maggiore Agnese, che si è trasferita negli Stati Uniti, ammaliata dalle promesse di un soldato yankee che ha promesso di sposarla. I piccoli clandestini vengono protetti dal commissario di bordo, Domenico Garofalo, un uomo apparentemente burbero ma dal cuore tenero. E sbarcati nella Grande Mela iniziano un’odissea urbana alla ricerca di Agnese, attraversando un nuovo mondo che rischia di travolgerli, ma anche di aprire la prospettiva di un futuro diverso.
Un soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli, mai trasformato in film, è lo spunto di partenza di Napoli – New York. Abituato ai racconti di formazione di adolescenti in situazioni di difficoltà, Gabriele Salvatores sceglie i toni della favola per ricordarci che in un tempo non troppo lontano gli immigrati eravamo noi. Gli italiani sono accolti con diffidenza e disprezzo, non sono ammessi nei caffè eleganti frequentati dalla borghesia newyorchese, per molti non esiste differenza tra Napoli e una città africana. Un insieme di pregiudizi e stereotipi che spingerà la giovane protagonista ad affermare che non esistono stranieri. Esistono solo poveri. Chi è ricco non è mai straniero. E non è casuale la complicità che si sviluppa tra i bambini e gli altri personaggi afroamericani del film, accomunati dalla stessa discriminazione.
Estremamente curato sul piano formale, il film mescola numerose suggestioni cinematografiche, evocando le differenze di classe della tragica traversata del Titanic, le avventure dickensiane in una metropoli fitta di insidie, la New York delle comunità etniche di C’era una volta in America, il viaggio di Pinocchio nel paese dei balocchi. C’è spazio anche per temi sociali come la lotta femminista per l’uguaglianza dei diritti e una reminiscenza di Sacco e Vanzetti nell’applicazione razzista della legge nei tribunali. La luce calda e satura della fotografia rimanda al cinema in technicolor degli anni Cinquanta, anche se Little Italy, Ellis Island e gli altri luoghi iconici dell’emigrazione italiana in America sono ricostruiti tra Trieste e la Croazia. Bravissimi i piccoli attori protagonisti, Dea Lanzaro e Antonio Guerra. Mentre Pierfrancesco Favino gigioneggia in maniera quasi fumettistica, dosando spavalderia e umanità. Destinato a un pubblico vasto ed eterogeneo, il film di Salvatores è un’opera popolare nell’accezione più positiva del termine. Uno spettacolo che non rinuncia ai sentimenti e alla commozione, mentre attiva una profonda riflessione storica e sociale.(CFN – Giuseppe Borrone)