Venezia 81: “L’occhio della gallina”, un autoritratto per raccontare la parabola artistica ed umana della regista napoletana Antonietta De Lillo
(CFN) VENEZIA – Ha spostato la macchina da presa, rivolgendola verso sé stessa, la regista napoletana Antonietta De Lillo per raccontare in prima persona la sua vicenda artistica e umana.
Si intitola “L’occhio della gallina” – presentato alla Mostra del Cinema nella sezione “Notti Veneziane” – l’autoritratto di un’autrice storica del cinema italiano, inspiegabilmente messa ai margini dell’industria cinematografica dopo una querelle giudiziaria scattata all’indomani dell’uscita in sala del suo film di maggior successo, “Il resto di niente”.
Un contenzioso che si è protratto nel tempo, spingendo la regista ad attingere a risorse alternative di sopravvivenza in un sistema che ghettizza chi si muove controcorrente. Come le galline, e da qui il titolo, che chiudono l’occhio dal basso verso l’alto e non il contrario. La costruzione di legami artistici che spesso sono diventati affettivi e umani, La scoperta della resilienza quale arma pacifica per restare al mondo.
Ricostruendo il puzzle di una carriera quarantennale, emerge il ritratto di una donna tenace e di un’artista che è andata avanti nonostante tutto, seguendo il consiglio dato da un’amica in gioventù: “Non fermarti mai”. La creazione di una nuova casa di produzione, la Marechiaro Film, il lancio del progetto del film partecipato, l’edificazione di una factory artistica circolare.
L’attenzione verso persone in difficoltà, ostracizzate per le loro posizioni artistiche, sociali e politiche, ha da sempre contraddistinto i lavori della De Lillo. Basti pensare ai primi video ritratti degli anni Novanta e alla stessa Eleonora Pimentel De Fonseca, la nobile portoghese che ne “Il resto di niente” abbraccia la causa dei rivoluzionari partenopei nel 1799. Partendo da questo sentimento, la regista attua un’introspezione nella sua personale vicenda, offrendo numerosi spunti di riflessione che non riguardano solo il rapporto tra gli artisti e il sistema, ma si estende alle relazioni umane nel loro complesso.
Più che la rabbia e la polemica, il sentimento che emerge dal film è il desiderio di riaprire un dialogo, di trovare una via di uscita da una situazione kafkiana. E in questo senso, “L’occhio della gallina” trascende il suo valore biografico per diventare metafora di tutte le storture e le ingiustizie subite dall’individuo nel sistema.(CFN – Giuseppe Borrone)